Domenica 8 ottobre all’Auditorium San Rocco si è svolto un incontro con il Dott. Pietro Bartolo, medico che si occupa dal 1991 del poliambulatorio di Lampedusa. Da sempre in prima linea nel soccorso e nell’accoglienza di migliaia di migranti che hanno affidato alla speranza il loro viaggio. L’incontro è stato organizzato dall’Andos di Senigallia con il patrocinio del Comune di Senigallia.

 

(di Epifanio Grasso)

 

Ho riflettuto quasi ventiquattro ore, prima di poter scrivere questo articolo. Troppe emozioni, per riuscire a dar un senso ‘logico’ a quel vissuto, che dovrebbe essere patrimonio collettivo dell’umanità.

 

L’incontro con Pietro Bartolo, ha scaldato i cuori di tutti i presenti, trasferendo, in modo umile e semplice, così com’è lui, emozioni e sentimenti, che difficilmente non riuscivano a rompersi in pianto.

 

Quasi trent’anni di narrazione la sua: quella che va dal primo sbarco a Lampedusa (avvenuto nel lontano 1991), sino ad oggi, passando per la tragedia, in cui persero la vita 368 vittime innocenti, nel più grave naufragio che la storia ricordi, quello del tre ottobre del 2013.

 

Un racconto inarrestabile, fatto di cifre, ma soprattutto di volti e di vite umane, alle quali Pietro Bartolo dava nomi e cognomi. Quasi fossero conoscenti da sempre. Una narrazione polarizzata tra Vita e Morte. È quello che ha visto e che continua a vedere. È il suo lavoro di Medico, che glielo ‘impone’, ma che avrebbe fatto comunque anche in altro modo, così come fanno tutti i lampedusani.

 

Le morti (tante, tantissime, troppe!) di cui porta dentro di sé il dolore nel cuore: lo si legge nel suo volto e traspare dall’anima, quella sofferenza di chi si sente in parte responsabile per non essere riuscito a salvare la vita di tanti esseri umani: vittime, non soltanto di naufragi, ma di violenze, di abusi, torture e di omicidi a sangue freddo.

 

E poi c’è la vita (o meglio le vite!): quelle che è riuscito a salvare, quasi come un miracolo: di uomini, bambini, donne; e di donne che portavano in grembo altre vite. Vite che non ha mai più rivisto, vite che ha di nuovo incontrato dopo anni perché dopo aver trovato pace hanno deciso di andare a trovarlo, perché era giusto così. Vita e Morte, Morte e Vita: un filo rosso, crudele e cinico ma non scindibile. È questo il filo conduttore, inevitabile, su cui scorre il racconto di Pietro Bartolo.

 

Lo conoscevo il Dottor Bartolo – come tutti – perché diventato volto noto con il suo libro ‘Lacrime di Sale’ e con ‘Fuocoammare’ il film di Francesco Rosi. Lo avevo sentito in televisione, nei talk, narrare le storie, ma vederlo dal vivo, percepirne il sangue pulsante vivo di chi ha visto, ha vissuto e vive, è cosa diversa.

 

Una storia mi ha colpito, quella di una bimba Nigeriana: la storia di una Bimba che, come ha detto Pietro Bartolo stesso, non ha raccontato nessuno. Nemmeno lui, nel suo libro.

 

È la storia di una bimba che a sei anni decide di attraversare il deserto, per affrontare la vita. A questa Bimba, avevano ammazzato il padre; dopo questo episodio la madre decide di partire – come tante – per l’Europa. Dopodiché la Bimba rimase con la nonna.

 

Passò qualche anno, e la bimba, rimase pure senza la nonna e sola. Dopo la morte della nonna, la bimba, nonostante i suoi sei anni decise di partire: affrontando la vita e sfidando la morte. Iniziò, così, il suo viaggio, da sola, nel deserto, per lunghi mesi, fino alla Libia, dove fu oggetto di violenze ed abusi, fino riuscire ad attraversare il mare, sbarcando finalmente a Lampedusa.

 

Fu Pietro Bartolo a darle i primi soccorsi, le prime cure e i primi veri affetti. Ad un certo punto – racconta lui – le chiese: Perché hai fatto tutto questo da sola, perché sei venuta qui?
La bimba rispose: Per cercare la mia mamma.
Ma dov’è la tua mamma? – continuò Pietro Bartolo.
In Europa. Si trova in Europa.
Ma in Europa dove?
In Europa.

 

Insomma, dopo mesi di ricerche, il dott. Bartolo riuscì a sapere che la madre della piccola si trovava in Francia, con un risvolto amaro però: la Mamma era vittima di tratta. A seguito di un debito di quaranta mila euro che aveva contratto con scafisti, trafficanti e mercanti di morte, era stata costretta a prostituirsi.

 

Dopo circa sei mesi di tenace impegno, il medico riuscì ad accompagnare – con un decreto ad hoc – la piccola, dalla madre.

 

La storia, nonostante tutto, ha del miracoloso (malgrado io non creda ai miracoli): grazie a questo viaggio della piccola bimba nigeriana, anche la madre riuscì a salvarsi dai mercenari della tratta. Adesso, sono di nuovo insieme, provando a vivere – nonostante i traumi, le sevizie, le torture e le violenze – come una famiglia vera.

 

Un’ultima cosa: Pietro Bartolo ha detto che lì a Lampedusa non ha bisogno di aiuto; né lui, né i lampedusani. L’aiuto dobbiamo darlo nelle Regioni, nei Comuni e nei territori d’Italia. E, da Siciliano lo ringrazio perché, grazie al cielo, sono in una terra (le Marche e Senigallia) che accoglie; e lavoro con una cooperativa sociale che ha fatto dell’accoglienza il suo punto di forza etico e solidale.

 

Siamo qui a darti e darvi una mano Dott. Bartolo e Amici Lampedusani.
Siamo qui, perché con Voi lottiamo, e lavoriamo per un Mondo più giusto, umano e solidale.

 

Grazie Dott. Bartolo.
Grazie Lampedusani.
Grazie Gentile Umanità!

 

Pietro Bartolo a Senigallia ha scaldato i cuori di tutti

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